I Giganti della montagna, Giardino di Boboli 1937 – immagine di qualità ridotta reperita su web-
– Ma no, sei matto! – Che musica?
– Bellissima! Venite con me! Musica… che paura avete?
Ma bisogna trovare il punto giusto…
– Ma che musica?
– Un concerto di paradiso. … Ecco qua, fermi! Sentite? Sentite?
….. “…Siamo, qua come agli orli della vita, Contessa. Gli orli, a un comando, si distaccano; entra l’invisibile: vaporano i fantasmi. È cosa naturale. Avviene, ciò che di solito nel sogno. Io lo faccio avvenire anche nella veglia. Ecco tutto. I sogni, la musica, la preghiera, l’amore… tutto l’infinito ch’è negli uomini, lei lo troverà dentro e intorno a questa villa„
Oggi, 20 gennaio 2014, Claudio Abbado si spegne, nel silenzio.
via theguardian.com
Non è un eccesso, in riguardo ad una persona e un personaggio di tale profilo eppure di discrezione pari all’abnegazione, precisare che non necessita di presentazioni, tanto meno della mia.
via digitalconcerthall.com
Desidero qui solo partecipare – con la famiglia e con chi lo ammirava ed amava – il dolore autentico che provo a leggere della Sua scomparsa.
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via livejournal.it
Le sue interpretazioni, che ho preziosamente amato, sono state -per me e per tanti- di profonda ispirazione e compagne di vita nei momenti critici infondendo, se non serenità, Significato.
Lo onoro quale musicista eccelso e spirito di eccezionale tempra in umanità, coscienza e virtù civile.
via contattonews.it
Rispetto e ammiro oltre che il mirabile Direttore d’Orchestra, il Claudio Abbado Ichneuta, anch’egli ‘segugio’, cultore e trasmettitore instancabile di Arte e Conoscenza.
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Grazie, Maestro.
A presto.
…et quod sequitur..
Maria Amici
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Claudio Abbado conduce la Quinta Sinfonia di Ludwig van Beethoven, HD
Aristotle, beginning of Physics. Medieval latin manuscript, original Greek text added in the margins. public domain. Source: http://people.bu.edu/
Et quod sequitur si ritrova spesso nei manoscritti quale formula che assimileremmo, non sempre in modo preciso, al nostro ‘eccetera’ – che peraltro proviene da et cetera.
“E ciò che segue”, può banalmente tradursi, e a volte, “e ciò che ne consegue”.
Da qualche tempo mi fa da sigla di congedo, quell’“E ciò che segue”, a firmare, segnalare, sigillare.. sanzionare fra amarezza e spirito socratico l’esser consapevole che tutto ciò che scrivo – e che sono – è sensibile di incompiutezza e di perfettibilità e non di meno il mio desiderio di tornarci sopra, a seguito di ulteriori studi di approfondimento.
manoscritto autografo firmato (“Quasimodo dicembre ’39”) della poesia Anacreonte. Artèmone, con correzioni
Questo è un versante dell’atteggiamento, e peraltro si sfibra anche nei ripetuti interventi di lima dopo la pubblicazione; l’altro, lo stesso per cui quando invio una mail è spesso ugualmente seguita da una mezza dozzina di riprese, come i miei amici sanno, è riassumibile in una vecchia canzone incisa da Mina con Beppe Grillo, la psichedelica, convulsa e farneticante “Dottore”.
Che, ad un certo punto, seguendo i contorsionismi mentali di uno psicotico (peraltro così normale…) afflitto evidentemente da più disturbi, dallo schizoide al maniacocompulsivo all’ipocondriaco (..et quod sequitur…) sfiata, a riprendere l’ansia patologica di chi ha bisogno di rivedere nell’immaginazione sovreccitata, tra circonvoluzioni eclettiche e inconsequenziali, ogni singola parola detta per tentare di controllarne gli esiti nell’altro, in un:
e mi sa che avrei bisogno, bisogno di una mano appena uscita da un saluto…
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Naturalmente il video è qui proposto solo per ragioni esemplificative, i diritti appartengono.. agli aventi diritto. Lo stesso si dica delle immagini dei manoscritti, reperite sul web: senza pretese.
La mia fanciulla snella e polposetta è come un arboscello con le poma:
una ne mangi ed un’altra t’alletta.
La mia piccola cara è una bambina.
Teme, se tardi rincasa, legnate
suo castigo di quando era piccina
E quando fa quella proibita cosa
si volge, e manda sospettose occhiate,
per veder se la mamma è là nascosa.
La mia piccola cara è troppo audace.
Mette la testa con la grande chioma
fra le mani, e mi guarda a lungo e tace
Durante questo nostro esperimento di fruizione sinestetica, ascoltiamo, di Andrea Amici, il madrigale gioioso per coro a cinque voci sullo stesso testo di Umberto Saba
Negra? Non si vede?
Cantante? Ascoltami e vedrai
Puttana? Sì, ho fatto anche quello
E bevo anche come quattro uomini
Non mi fai paura, ho suonato in posti peggiori di questo
In bar di cow boys nel sud dove mi sputavano addosso
In una città dove il giorno stesso avevano linciato un nero
A New Orleans dove un diavolo alla moda
Ogni sera mi regalava fiori di droga
E a Chicago mi innamorai di un trombettista sifilitico
E all’uscita del night mi hanno spaccato la bocca
Sotto la pioggia da una stazione all’altra
Lady sings the blues
Negra? Sì, ma ci sono abituata
Cantante? Canto come una gabbia di uccelli
Note gravi e alte, e tutto il repertorio
Posso svolazzare come quelle belle cantanti dei film
E poi posso piantarti una ballata nel cuore
Vuoi strange fruit? Vuoi midnight train?
Posso cantartela anche da ubriaca
O con un coltello nella schiena
O piena di whisky e altro, perché sono una santa
E il mio altare è nel fumo di questo palco
Dove Lady sings the blues
Negra? Negra e bellissima, amico
Cantante? Non so fare altro
Puttana? Beh sì ho fatto anche quello
E bevo come quattro uomini
Non toccarmi o ti graffio quella bella bianca faccia
Posate il bicchiere, aprite quel poco che avete di cuore
State zitti e ascoltate io canto
Come se fosse l’ultima volta
Fate silenzio, bastardi e inchinatevi
Lady sings the blues
E quando tornerete a casa dite
Ho sentito cantare un angelo
Con le ali di marmo e raso
Puzzava di whisky era negra puttana e malata
Dite il mio nome a tutti, non mi dimenticate
Sono la regina di un reame di stracci
Sono la voce del sole sui campi di cotone
Sono la voce nera piena di luce
Sono la lady che canta il blues
“Un brano per coro di voci bianche, coro misto e orchestra, originariamente composto per soprano e organo ed eseguito, nella prima versione, al Santuario della Madonna di Montalto di Messina. Adesso viene proposto a distanza di qualche anno con un organico più ampio che sopprime la voce solista e all’organo sostituisce la più variegata tavolozza timbrica orchestrale, ricreando in realtà il brano che acquisisce così un nuovo significato musicale. L’idea fondamentale è quella di creare il senso di una lode che si esprime nella fissità circolare di un linguaggio diatonico totalmente defunzionalizzato„
A chi ascolta, con animo puro o turbato, mi pare che la struttura del brano e la sua orchestrazione suggerisca via via il senso di un’alternativa gioiosa: consapevole, nelle brumosità che poi convergono nella catarsi dell’ascesi finale, che è proprio da quel grembo oscuro e vitale della Ancilla Domini, della terra che pare definire, lugubre, l’esperienza umana, che poi pulsa la Vita.
La “fissità circolare” del linguaggio da Andrea usato si rivela, magistralmente, la stessa ‘ringskomposition’ in cui è suggellata la promessa di Chi dalla sofferenza ‘resurrexit sicut dixit’ e nella Sua Gloria gioiosa e limpida, come nel suo finale, tutto attrae e vertiginosamente rivela il suo reale significato.
Il presente blog risente della suggestione del phrontistèrion di Nephelai di Aristofane come del reale Socrate, della phoitesis mio ideale didattico e di ricerca. Ma anche di una poesia su cui qualcuno, lontano nel tempo e nello spazio ma forse non assente, mi ha condotto a riflettere.
Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio
Certe volte sono bianche
e corrono
e prendono la forma dell’airone
o della pecora
o di qualche altra bestia
ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri
Certe volte ti avvisano con rumore
prima di arrivare
e la terra si trema
e gli animali si stanno zitti
certe volte ti avvisano con rumore
Vanno
vengono
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più
il posto dove stai
Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte
e si mettono li tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto
« L'inferno dei viventi [...] che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne.
Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio »
Italo Calvino, da “Le città invisibili”
Vorrei saper la musica per esprimere, senz'essere inteso da nessuno, neppure da Te, tutto questo tumulto di vita che mi gonfia l'anima e il cuore. Nessuno lo saprà mai, […], anche se il mio cuore ne dovesse scoppiare.
(Luigi Pirandello, Lettera)
IN EVIDENZA – Periodicamente, un testo
Nella vita degli imperatori c’è un momento, che segue all’orgoglio per l’ampiezza sterminata dei territori che abbiamo conquistato, alla malinconia e al sollievo di sapere che presto rinunceremo a conoscerli e a comprenderli; un senso come di vuoto che ci prende una sera con l’odore degli elefanti dopo la pioggia e della cenere di sandalo che si raffredda nei bracieri; una vertigine..: è il momento disperato in cui si scopre che quest’impero che ci era sembrato la somma di tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma, che la sua corruzione è troppo incancrenita perché il nostro scettro possa mettervi riparo, che il trionfo sui sovrani avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina.
Solo nei resoconti di Marco Polo, Kublai Kan riusciva a discernere, attraverso le muraglie e le torri destinate a crollare, la filigrana d’un disegno così sottile da sfuggire al morso delle termiti.
Italo Calvino, da “Le città invisibili”
This is THIS
Per gli Ichneutai, inserisco qui una serie di orme scomposte, confidando sulla loro ulteriore interpretazione.
# Syndesis disorientata: parola, pensiero, segno e sogno, contraddistinti da legami e nessi e motivazioni più o meno volatili
# Fughe di pensiero: considerazioni umorali, su notizie, politica, informazione e comunicazione
# Dimora dello Spirito: catechesi e preghiera, spunti di spiritualità, fede e ricerca
# Voce del dissenso: voce di una coscienza civica non ottenebrata
Guai se voi affondaste come me a considerare questa cosa orribile, che fa veramente impazzire: che se siete accanto a un altro, e gli guardate gli occhi - come io guardavo un giorno certi occhi - potete figurarvi come un mendico davanti ad una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra, non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e lo toccate, ma uno ignoto a voi, come quell'altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca
Luigi Pirandello, Enrico IV (1922)
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Bibliotecaria, copywriter, scrittrice con un passato da redattore editoriale. Amante dei libri, della lettura, sensibile al piacere del testo e al grado zero della scrittura, mi occupo di Letteratura, amica esistenziale fin dai tempi dell'infanzia, poi alleata negli studi, infine compagna fedele di vita. I miei campi d'azione: la critica, la riflessione sul romanzo, sui miti, su temi e topoi; la poesia come flusso di coscienza e sottile tecnica semantica; il racconto, finestra aperta su un mondo interiore da narrare con parole in libertà. Postilla doverosa per caratterizzarmi ulteriormente: oltre ai libri, l'enorme, smodata, incontenibile passione per il cinema (sono cresciuta nella videoteca di famiglia, l'ormai serrata Video Days) e per la musica (colonne sonore di film e tanto, tanto, tanto, metal e rock in tutte le sfumature).