
Benedetto Croce con Stefano Jacini Giovanni Laterza in una foto degli anni ’20 – Immagine reperita su web, da filosofico.net
Oggi, 25 febbraio, giorno di nascita di Benedetto Croce, ricordiamo che nei confronti di Pirandello diede vita alla famigerata polemica annosa e spesso miope tra due grandi che però partivano da punti di vista inconciliabili -e inconciliati-?
Uno status quaestionis può essere reperito nella voce dedicata a Benedetto Croce nel libro di M. Manotta su Luigi Pirandello qui presente solo in anteprima.
Per l’excursus di proposte di lettura, utilizzo come base materiali forniti dall’eccellente portale PirandelloWeb.
Cominciamo dalla… imparziale … penna di Pirandello, che si difendeva, in Arte e scienza?
Prima degli altri, tuttavia, mi è d’uopo presentare un’acuta disamina, senza peli sulla lingua, dei motivi della spietata operazione di ‘espunzione’ di Pirandello dalla storia della cultura da parte, anche, di Croce: nell’analisi di Leone De Castris, ripresa poi anche da Petrella.
Ancora dallo stesso portale, il fraintendimento, analizzato da Leonardo Sciascia, in Pirandello e il pirandellismo, dell’«uomo più libero che sia possibile trovare nell’Italia del fascismo» da parte dell’altro!…
…fraintendimento, come nota Sciascia, e individuato anche nel saggio di Angelini su Debenedetti, di radice comune anche a Adriano Tilgher e fonte dell’altra annosa polemica.
Dal citato PirandelloWeb, la ripresa della critica crociana all’Umorismo nel saggio di Paolo Spinicci dedicato alla suddetta teoria in Pirandello, e da parte di Corrado Alvaro, nella sua Prefazione alle Novelle per un anno; interessante anche un saggio in spagnolo sul tema.
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Una sintetica ripresa dei punti di collisione con Croce è nel saggio di T. Marciano su La crisi del poeta-vate.
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-Didascalia: Pirandello e Croce oggetto di ‘attenzioni’ da parte della Polizia politica fascista-
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Posso permettermi una considerazione, non meno estemporanea che questa veloce panoramica?
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Oggi, proprio per rendergli omaggio nell’anniversario di nascita di Croce, è forse da allontanare, pur senza ignorarla, proprio una delle idee-pregiudizio che lo mossero, che Pirandello non fosse che – con le parole di Manotta – un «parvenu» della letteratura con ambizioni filosofiche.
Allo scrittore siciliano poco interessavano i distinzionismi filosofici e ben altro motivo aveva il suo (parole di Croce) «convulso inconcludente filosofare»: piuttosto – se è concessa quale definizione parziale di un uomo e uno scrittore indefinibile – in lui ebbe lo spessore di tormentata esperienza, umana e artistica, del relativismo, della scomposizione dell’io e del reale, del nulla di un’esistenza eternamente in sé rappresentazione dell’Enigma irrisolvibile perché nulla in se stesso: e della dignità di una sofferenza intima, inestinguibile, affrontata con una lucidità e un coraggio senza pari.
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Se possiamo consegnare proprio oggi al domani, pur necessariamente imperfetta, un’espressione di Croce su Luigi Pirandello, sceglieremmo forse invece questa:
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«Uomo tormentato e non un semplice industriante teatrale sulla materia di un immaginario tormento».
et quod sequitur
Maria Amici