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Grazie, Gigi!

Gigi Proietti   Oggi, 2 Novembre 2020, rimbalza sul web la notizia di un altro “decesso eccellente”:

è venuto a mancare
Gigi Proietti.

   Se gli aggettivi si sprecano, per quanto ne utilizzi anch’io adesso, confesso invero di farlo con pudore e intensa commozione.

Gigi Proietti con Vittorio GassmanPer evocare una sua iunctura, non sono neppure io “di primo pelo”, ragion per cui i ricordi di Proietti sono sicuramente stratificati e accompagnano il corso di una vita intera, mia e dei miei genitori: innegabilmente, mi è più caro per questo…

Gigi Proietti

gigi_proietti_6Gigi Proietti: versatile e intelligente, poliedrico e a suo modo non solo inimitabile ma in effetti non definibile nel suo multiforme ingegno e nella sua verve di “maestro dello spettacolo” -che è forse quanto più gli si attagli, specie se a “spettacolo” diamo un senso lato-.

Gigi ProiettiGigi Proietti, tuttavia, maestro non meno nello spessore umano: le sue scelte, e non solo artistiche, non mi hanno comunque deluso o disturbato, né l’ho trovato mai volgare o preso da se stesso, vanesio o autoreferenziale, bensì portatore, e diffusore!, di humanitas e di una cultura variegata, saggia e sapiente insieme.

Gigi Proietti_7Un maestro di teatro, un attore, un uomo indimenticabile, venuto a mancare in un momento in cui l’Italia, l’Europa e il mondo sono particolarmente vulnerabili e vieppiù di arte, cultura, continuo riferimento all’humanitas e di senso di responsabilità e generosità hanno bisogno: un bisogno cui Gigi Proietti è venuto incontro condividendo la sua vocazione artistica non meno che la sua dirittura morale e umana.

…Grazie, Gigi!

gigi_proietti_4

#gigiproietti #GigiProietti #Proietti

n.b.: -Le immagini sono reperite dal web e in particolare dal sito ufficiale.
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Enrico IV, maschera e follia: la lettera a Ruggeri

  “Enrico IV”, uomo e personaggio, maschera e follia: la presentazione di un capolavoro,
nella lettera di Luigi Pirandello a Ruggero Ruggeri del 21 settembre 1921

 

Pirandello conversa con Ruggeri al teatro Argentina

Pirandello conversa con Ruggeri al teatro Argentina

Caro Amico,
m i  a f f r e t t o   a rispondere alla Sua lettera del 19, di cui La ringrazio con tutto il cuore. Le dissi a Roma l’ultima volta che pensavo a qualche cosa per Lei. Ho seguitato a pensarci e ho maturato alla fine la commedia, che mi pare tra le mie più originali: Enrico IV, tragedia in tre atti di Luigi Pirandello. Le accennerò in breve di che si tratta:

 Antefatto: – Circa venti anni addietro alcuni giovani signori e signore dell’aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di carnevale, una “cavalcata in costume” in una villa patrizia: ciascuno di quei signori s’era scelto un personaggio storico, re o principe, da figurare, con la sua dama accanto, regina o principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell’epoca. Uno di questi signori s’era scelto il personaggio di Enrico IV; e per rappresentarlo il meglio possibile s’era dato la pena e il tormento d’uno studio intensissimo, minuzioso e preciso, che lo aveva quasi per circa un mese ossessionato.

Sciaguratamente il giorno della cavalcata mentre sfilava con la sua dama accanto nel magnifico corteo, per un improvviso adombramento del cavallo, cadde, batté la testa e quando si riebbe dalla forte commozione cerebrale restò fissato nel personaggio di Enrico IV. Non ci fu verso di rimuoverlo più da quella fissazione, di fargli lasciare quel costume in cui s’era mascherato: la maschera, con tanta ossessione studiata fino allo scrupolo dei minimi particolari, diventò in lui la persona del grande e tragico imperatore. Sono passati vent’anni. Ora egli vive – Enrico IV – in una sua villa solitaria: tranquillo pazzo. Ha quasi cinquant’anni. Ma il tempo per lui (per la sua maschera, che è la sua stessa persona) non è più passato ai suoi occhi e nel suo sentimento: s’è fissato con lui, il tempo. Egli, già vecchio, è sempre il giovine Enrico IV della cavalcata. Un bel giorno si presenta nella villa a un nipote di lui, il quale seconda la tranquilla pazzia dello zio, cui è affezionatissimo, un medico alienista.

lettera di Ruggero Ruggeri a Pirandello, da Torino, il 7 Agosto 1918

lettera di Ruggero Ruggeri a Pirandello, da Torino, il 7 Agosto 1918

C’è forse un mezzo per guarire quel demente: ridargli con un trucco violento la sensazione della distanza del tempo. La tragedia comincia adesso, e credo che sia d’una veramente insolita profondità filosofica ma viva tutta in una drammaticità piena di non meno insoliti effetti. Non gliel’accenno per non guastarle le impressioni della prima lettura. Data la situazione, avvengono cose veramente imprevedibili, se Ella pensa che colui che tutti credono pazzo, in realtà da anni non è più pazzo ma simula filosoficamente la pazzia per ridersi entro di sé degli altri che lo credono pazzo e perché si piace in quella carnevalesca rappresentazione che dà a sé e agli altri della sua “imperialità” in quella villa addobbata imperialmente come una degna sede di Enrico IV; e se Ella pensa che poi, quando a insaputa di lui, è messo in opera il trucco del medico alienista, egli, finto pazzo, tra spaventosi brividi, crede per un momento d’esser pazzo davvero e sta per scoprire la sua finzione, quando in un momento riesce a riprendersi e si vendica in un modo che – sì, via questo davvero, per lasciarle qualche sorpresa, non glielo dirò.

Senza falsa modestia, l’argomento mi pare degno di Lei e della potenza della Sua arte. Spero che riuscirò a renderlo, perché l’attività della mia fantasia è ora più che mai viva e piena e forte. Ma prima di mettermi al lavoro, vorrei che Ella me ne dicesse qualche cosa, se lo approva e Le piace.

Pirandello e Ruggeri al Teatro Manzoni di Milano, 1922?

Pirandello e Ruggeri al Teatro Manzoni di Milano, 1922?

Ha visto i Sei personaggi in cerca d’autore? Sapesse che vivo dolore è stato per me non aver potuto dare a Lei, in giro con lo Sly, questa commedia; non perché in fondo sia scontento dell’interpretazione della compagnia Niccodemi, ma perché m’ero figurato Lei e non Gigetto Almirante nella personificazione della parte del “Padre”. Pazienza! Mi saluti tanto tanto, La prego, il nostro caro Virgilio [Talli] che è stato tanto buono d’inviarmi un telegramma di fraterna solidarietà in occasione della tragica morte del mio povero Nino Martoglio. Spero, mio caro Amico, che la Sua amicizia e quella di Virgilio varranno a togliere una certa freddezza che la signora Alda Borelli ha veramente più d’un motivo d’avere verso di me. Gliene dirò qualche cosa la prossima volta. Adesso la lettera è troppo lunga, e Le stringo forte, fraternamente, la mano.

Roma, 21 settembre 1921
Suo aff.mo
Luigi Pirandello

et quod sequitur.
Maria Amici

Ruggero Ruggeri nelle vesti di Enrico IV, prima mondiale 24 febbraio 1922 al Teatro Manzoni di Milano

Ruggero Ruggeri nelle vesti di Enrico IV, prima mondiale, 24 febbraio 1922, al Teatro Manzoni di Milano

Ruggero Ruggeri nelle vesti di Enrico IV, prima mondiale 24 febbraio 1922 al Teatro Manzoni di Milano

Ruggero Ruggeri nelle vesti di Enrico IV, prima mondiale, 24 febbraio 1922, al Teatro Manzoni di Milano


Pirandello e Einstein (riletture, riscritture, riletture…)

Qualche tempo fa mi sono imbattuta in questi testi, una lettera di Einstein e una “di” Pirandello, nel blog “CriticaMente, Filosofia e Teoria delle Scienze Umane – Fondatore e Curatore, Federico Sollazzo”.

Non posso pronunciarmi su Einstein.

La lettera di Pirandello è – a quanto ne so – una, pur suggestiva, riscrittura.
Suggestiva peraltro.

Dopo averlo approfondito (e anche insegnato..) nelle opere e nelle infinite – e non del tutto attendibili – analisi critiche, sto studiando con interesse – e con empatia – il Pirandello proporzionalmente più trascurato, frainteso e sottovalutato, quello del teatro dal 1925 in poi, quello dell’epistolario a Marta Abba, e la figura in sé dell’ |attrice|, dell’ |attore| per come da Pirandello teorizzata, delineata e voluta nella regia teatrale.

Tematica su cui di imparziale non c’è moltissimo.

Con empatia profonda ho letto anche la “riscrittura” da parte di Federico Sollazzo.

C’è molto dell’animo e dell’anima di Pirandello – non, peraltro, della reale scrittura, non stilisticamente e -ipotizzo- non, forse purtroppo per lui, della reale praticabilità e possibilità di esprimersi così con la “sua” Marta, che quando lui si esponeva tanto (e molte volte lo fa) o si lasciava andare a firmare col proprio nome o sognava un “tuo Luigi”, finiva per rispedirgli indietro le lettere o firmarsi a sua volta, invece, con nome e cognome, o addirittura con una sigla formale.

D’altronde, alcune lettere dell’epistolario neppure le abbiamo, o perché come promessole Pirandello le ha distrutte, persino inghiottite (quelle di Marta), o perché alcune la signora Abba non le ha pubblicate – e due di Pirandello non sono state sicuramente pubblicate dagli eredi (si sa che l’asse ereditario peraltro era complicato).

Considero, inoltre, anche queste mie letture con estremo ritegno nei loro confronti.

Tuttavia, per citare uno studio di Frassica – che ho appena iniziato (questo libro almeno) e mi pare delicato: e infine è il primo e l’unico che abbia letto che non tace che il prezzo più alto in fondo l’ha pagato Marta Abba -, l’epistolario mi resta irrinunciabile, dacché vi si prova un rapporto profondo, da vasi comunicanti, con l’opera pirandelliana, con il suo teatro…

..et quod sequitur...

Maria Amici


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